Perché i server non sono morti

Ti sei mai chiesto a che epoca risale il primo server? Basta partire dall’etimologia della parola. La parola server, dall’inglese “to serve” significa servitore,  primo server della storia dei computer risale al 1969 dove la famosa rete ARPANET (ciò che c’era prima di internet) dove un rudimentale meccanismo di comunicazione spostava informazioni da un punto ad un altro anche per lunghe distanze. Era nata per scopi militari e nessuno credeva a quei tempi che sarebbe stato l’abbozzo di un qualcosa di dirompente nei 60 anni successivi.

Il primo server web, ovvero una piattaforma capace di rispondere a richieste provenienti dalla rete è stato implementato da Tim Berners-Lee per il CERN all’epoca di NExT la creatura di Steve Jobs durante il suo periodo fuori da Apple. Nel 1991 Berners pubblico il primo sito web al mondo raggiungibile qui

I server, intesi come macchine hardware, sono nient’altro che delle grandi scatole con a bordo processori, memoria, dischi e schede di rete in grado di ospitare applicazioni, software. Oggi, in giro per il mondo, sono svariati milioni e sono la potenza di calcolo di tutte le infrastrutture IT.

C’è gente che oggi li da per morti

Perché i server sono morti?  Ci sono articoli, in giro per il web, che ne decretano la fine imminente. Sarà effettivamente così? A mio avviso no e non ne potremo fare a meno ancora per tanto tempo. Allo stato attuale, nonostante una continua flessione di vendite a livello world wide, queste macchine continuano ad essere acquistate/vendute.

Sicuramente parlando di server, ti sarai posto queste domande o “frasi/miti da sfatare“:

  • Con l’avvento del cloud nessuno acquisterà più un server;
  • I server sono morti perché la loro potenza di calcolo verrà integrata in altri prodotti;
  • I processori sono talmente potenti che non serve più uno scatolone di alluminio pieno di componenti che fa rumore.

La prima di queste frasi in realtà si contraddice, perché il cloud è comunque fatto di server, per cui anche chi acquista il cloud affitta comunque una porzione di server. I grandi service provider si stanno affacciando e guadagnano fette considerevoli di mercato rispetto alle infrastrutture tradizionali, ma in futuro sarà così? Ad oggi no. Le aziende non hanno smesso di comprare server e hardware in generale, ci stanno più attente e fanno i loro conti in maniera più scrupolosa.

La seconda e la terza possono essere riassunte dalla legge di moore. Ogni 18 mesi raddoppia il numero dei transistor in un chip, si può dire con certezza che anche nel mondo delle CPU i nanometri (ovvero la grandezza dei chip) si riduce e nello stesso spazio raddoppia la capacità di calcolo. Questo si da un lato porta ad oggetti sempre più piccoli, intelligenti, poco costosi e integrabili in altri prodotti, ma non c’è ancora nulla in grado di eliminare una categoria di prodotto radicata come i server. La produzione delle architetture server tradizionali anche queste sono diventate sempre più “dense” e permettono il consolidamento di vecchie macchine su nuovo hardware con grandi risparmi in termini di unità rack e di corrente elettrica. Negli ultimi mesi i maggiori produttori di server al mondo, hanno rilasciato le ultime generazioni di server e dovremmo riscontrare un incremento delle vendite da qui a fine anno (vedi dati rilasciati da IDC in tabella).

Ti sei mai chiesto cos’è un server in “cloud”?

Per capire la parola cloud, ti racconto due storie:

  • Cloud fisicamente non è nient’altro che ciò che già hai da un altra parte,
  • Il Cloud in molte aziende è stato un problema e una volta presa questa strada, tornare indietro non è facile

Hai una tua infrastruttura con server, networking e storage? Bene allora hai un piccolo cloud privato. Con il passare degli anni ci sono strumenti e software che possono spostare i tuoi dati anche sul cloud pubblico (ovvero tanti server / storage con dischi capienti e molta potenza di calcolo). Ma il cloud pubblico ha dei problemi, perché la macchina che stai usando è usata anche da altri (non è mai come avere la macchina in casa dedicata) e, se poi hai un problema, ti trovi a parlare con un consulente Indiano piuttosto che con qualcuno a Singapore dall’altra parte del mondo.

La mania del cloud, per le grandi aziende, sarà un problema, perché, se non sono sufficientemente all’avanguardia e se non hanno un piano di migrazione ibrido (parte in casa parte in cloud) non sarà per loro facile venirne fuori quando e se decideranno di uscirne. Inoltre i tempi di risposta comunque aumentano (alte latenze è un o dei possibili casi).

Tornare indietro dal cloud non è facile. Il software va modificato, non è come su un istanza locale, sul cloud si parla un altra lingua! La cosa più brutta in assoluto, è quello che di dicevo sopra, ovvero aver bisogno di supporto o aprire una chiamata. Se vuoi supporto on-site devi esser disposto a sganciare decine di migliaia di euro per una persona che viene a scriverti qualche riga di codice, piuttosto che a parlare la lingua del cloud che hai scelto.

E la sicurezza dei miei dati? Dove girano? E’ qui si gioca l’effetto paura che spinge la maggior parte delle aziende a tenersi i propri dati in casa. Irlanda? Germania? Danimarca? America? Asia? Chi lo sa? Questa è la preoccupazione n.1 da parte di ogni IT Manager.  Prima di acquistare server in cloud devi porti questa domanda: I miei dati sono al sicuro? Chi ha questa paura, fa bene ad averla, soprattutto se stiamo parlando di brevetti o dati sensibili per le aziende.

E’ un po come se tu dovessi acquistare una casa o pagarla un po per volta, se la casa è comprata ed è tua, ok devi pagarti il mutuo, però una volta acquistata casa quella è e rimane tua. Nel caso dell’affitto tu paghi soldi ad altri per qualcosa che non è tuo, il proprietario può decidere di cambiarti il contratto negli anni, non essendo tu il proprietario delle mura ogni volta che devi far qualche modifica spendi soldi che non ti rientrano.

Detto questo, non sono solo tutti problemi, ci sono alcuni aspetti positivi anche di aver un server in cloud:

  • nessun rumore;
  • non ti serve una sala server;
  • non hai da pensare al disco rotto piuttosto che all’alimentatore che da problemi;
  • lo paghi mensilmente (questo in realtà lo puoi fare anche con il server fisico se lo noleggi o lo acquisti tramite un leasing);
  • puoi crescere all’istante se sei disposto a pagare (se ti servono più performance, più spazio).

Per fare una scelta cloud pubblico o privato devi realizzare un progetto ma non è scopo di questo articolo affrontare un tema così tecnico e complesso.

Ora ti volevo riportare le varie tipologie di utilizzo che possono essere date ad un server, queste sono solo alcune perché veramente sono macchine su cui puoi fare girare software e quindi ti puoi inventare una marea di utilizzi:

  • Server per gestire piccola azienda;
  • Server per la virtualizzazione e consolidamento di altri server;
  • Server infrastruttura VDI (Virtual Desktop Infrastructure);
  • Server utilizzato come Storage;
  • Server come nodo di calcolo in un cluster HPC (High Performance Computing).

I server di oggi sono immediati

Chi ha un cellulare oggi?  Tutti. Ora puoi scaricare tranquillamente un applicazione oppure collegarti ad un indirizzo IP della cosiddetta “console di management” e gestire la macchina completamente dal tuo smartphone, che sia in azienda o che sia in qualsiasi altro posto nel mondo (ovviamente raggiungibile via VPN o connessione protetta). Tutto più fattibile e fruibile anche da parte di persone che non sono esperte; un bel balzo in avanti rispetto ai primi server quando se non avevi un adattatore seriale-usb non potevi neppure entrare in console.

Quindi la buona riga di comando è sparita? No, puoi accedere alle nuove macchine anche da terminale collegandoti in ssh all’interfaccia di management e far tutto ciò che desideri.

Per adesso ti saluto e ti lascio con una foto di Tim Berners-Lee che ho avuto il piacere di incontrare durante un evento, lo scorso maggio, a Las Vegas mentre teneva un seminario sull’intelligenza artificiale e sul futuro del web.

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Buona giornata.

Luca.

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